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Al centro della Germania vive Rosario, italiano cinquantenne che mischia il cinghiale con il granchio nella cucina del suo albergo. Con un bella moglie e un figlio gentile, vive felice ma ammazza gli alberi con i chiodi perché vuole ampliare il suo hotel. Quello che si sforza di uccidere è anche il suo passato di pluriomicida che un giorno gli fa visita sottoforma di Edoardo e Diego, due giovani di malavita, minacce per la sua “vita tranquilla”.
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Un gruppo di gangster, su commissione di un avvocato in cattive acque, compie una rapina in una gioielleria. Qualcosa non funziona. La banda, malgrado uno dei suoi componenti resti gravemente ferito, porta a termine il colpo. Ma uno degli organizzatori, messo sotto torchio dalla polizia, finisce col confessare. L'avvocato preferirà il suicidio all'infamante arresto. Ad uno ad uno gli uomini della banda vengono catturati o uccisi. Probabilmente il miglior film di gangster mai realizzato, cinematograficamente perfetto.
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Ballin Mundson, proprietario di un losco casinò di Buenos Aires, sposa un'ex ballerina, già amata da Johnny, il suo fedele collaboratore. Il triangolo che si regge su un complesso rapporto di amore-odio non si spezza nemmeno con la morte (apparente) di uno dei tre. Film di culto per i fan di Rita, corpo d'amore ribelle al suo ruolo di oggetto, che canta meravigliosamente “Put the Blame on Mame” e danza splendidamente “Amado mio”. L'assurdità dell'intrigo diventa un difetto secondario in questa miscela di noir e melodramma passionale in cui i dialoghi di Marion Parsonnet sono di un Kitsch che sfiora il sublime. La latente carica omosessuale di questa pietra miliare nella storia del divismo fu scoperta soltanto dalla critica europea.
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A Vincent Parry, condannato ingiustamente per uxoricidio, non resta che una possibilità: la fuga, nella speranza di dimostrare la propria innocenza scoprendo da solo l'assassino. La galera lo ha reso duro, ma questo non basta per sopravvivere quando si è braccati dalla polizia. Per sua fortuna Irene Jansen, una donna giovane e ricca che si è interessata al suo caso, lo aiuta a superare i posti di blocco. Anche Sam, un tassista che riconosce Parry dopo averlo preso a bordo, è convinto della sua innocenza e lo conduce da un chirurgo plastico. Dopo l'operazione, trovando assassinato l'unico amico disposto ad aiutarlo, Parry si rifugia in casa di Irene, scoprendo che questa conosce alcune delle persone la cui testimonianza gli è stata fatale al processo. Dopo qualche giorno, Parry riprende le indagini con un volto nuovo. Oltre che dalla polizia, deve guardarsi da un malvivente che ha scoperto il suo segreto e intende ricattarlo. È proprio quest'ultimo a fornirgli l'indizio decisivo per risolvere il mistero. Ma il suicidio del colpevole impedisce a Vincent di provare la propria innocenza, costringendolo a rifugiarsi in Perù, dove con Irene potrà cominciare una nuova vita.
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La fiamma del peccato, con la sua cupa ambientazione urbana, è sicuramente uno dei film più rappresentativi del cinema noir. Sceneggiato da Raymond Chandler e tratto da un racconto di James Cain, il primo noir americano di Wilder si caratterizza per la predilezione per gli interni, per i netti contrasti tra ombra e luce, per la ricostruzione in studio degli esterni e per l'intensa caratterizzazione dei personaggi, a cominciare dalla perfida 'dark lady' Barbara Stanwyck con sensuale catenella alla caviglia, divenuta in breve oggetto di culto.
L'assicuratore Walter Neff (Fred MacMurray) conosce Phyllis Dietrichson (Barbara Stanwyck), moglie di un cliente, la cui sensualità lo affascinerà a tal punto da farlo diventare prima il suo amante e poi complice nell'assassinio di suo marito. Dopo aver stipulato un'assicurazione sulla sua vita, i due mettono a punto un piano per ricevere il doppio dell'indennizzo (da qui il titolo originale, Double Indemnity) in caso di morte avvenuta in circostanze rare. Per ottenere la somma decidono prima di assassinare l'uomo in macchina, e di gettarlo in seguito sui binari, facendo così credere che la sua morte sia dovuta ad una caduta dal treno. Ma il piano troverà un ostacolo insormontabile: Walter verrà infatti smascherato dal suo grande amico e collega Barton Keyes (Edward G. Robinson)… Ambientato a Los Angeles, strutturato a flashback come il successivo Viale del tramonto, sempre di Wilder, quasi tutto il film si svolge di notte, con dialoghi scarni ed asciutti, che contribuiscono a incalzare il ritmo serrato della vicenda fino alla tragica conclusione.
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1959. Lanny Morris e Vince Collins sono i due entertainer più famosi degli Stati Uniti. Conduttori inarrivabili riescono a gestire una Maratona Telethon che ottiene esiti che vanno al di là delle più rosee speranze. Una donna trovata morta in una cassa a loro destinata separa le loro carriere. I due hanno un alibi ma no riusciranno più a lavorare insieme. Quindici anni dopo una giornalista rampante riesce a strappare un contratto favoloso con un editore a patto di riuscire a riaprire il caso. Avvierà così un'indagine che la porterà a scoprire diverse facce della verità...anche su se stessa.
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Thriller grottesco, ambientato nella San Fernando Valley (Los Angeles) e costruito come un meccanismo oliato (quasi) alla perfezione, che implica due sicari, un omicidio su commissione di una campionessa di sci, un mercante d'arte che soffre di reni e la sua segretaria, due poliziotti, un sequestro di persona, un'infermiera. Regia al servizio di una sceneggiatura ironica, ingegnosa e calcolatissima, che lavora su cascami narrativi di second'ordine, organizzata da un cineasta che ha studiato bene Altman e assimilato Tarantino. Esercizio manierista di un cinema vitreo made in Hollywood, tipico degli anni '90.
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Los Angeles, 1937: investigatore privato scopre un omicidio collegato a un caso di corruzione pubblica e una terribile e scandalosa vicenda privata. È un film profondamente chandleriano senza Chandler, dunque foscamente romantico. Chandleriano è anche l'umorismo che ne sorregge il pathos nella descrizione di un mondo corrotto non solo politicamente in cui la presenza del male – incarnato dal vegliardo capitalista J. Huston – è ossessiva e sinuosa, mostruosamente ambigua. Pur senza abbandonarsi a esercizi di nostalgica archeologia, fece scuola nel campo della rivisitazione del cinema nero. 11 nomination (tra cui J. Nicholson e F. Dunaway) e Oscar per la sceneggiatura di Robert Towne. Seguito da Il grande inganno (1990) di J. Nicholson.
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Una relazione saffica tra Corky (Gershon), in libertà dopo 5 anni di carcere, e Violet (Tilly), pupa di Ceasar (Pantoliano), gangster di Chicago, fa da catalizzatore alla sottrazione di due milioni di dollari destinati alla mafia e in mano a Ceasar, di cui le due donne vorrebbero impadronirsi. Esordio dei Wachowski Brothers con un noir lesbico (le due dark ladies non sono così dark come i loro furbi creatori vorrebbero spacciarle) che si trasforma in un thriller a porte chiuse, effettato e sensazionalistico. Fece colpo nell'ambiente di Hollywood, procurando ai due intraprendenti fratelli dall'indiscutibile mestiere l'occasione di fare un film da 70 milioni: The Matrix.
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A Palermo Nick Lanzetta, sicario della famiglia mafiosa dei Carrasco in competizione con quella Attardi-Cocchi, fa carriera con una strage dopo l'altra finché diventa capo. Dopo la riuscita di Milano calibro 9 Di Leo ritenta il colpo con maggiori ambizioni, adattando il romanzo Il mafioso dell'americano Peter Martin e proponendo “una visione pazzescamente corrosiva della mafia siciliana, distruggendo tutto e tutti in un'opera di denigrazione scoperta e utilissima nella sua sfacciataggine commerciale, più delle inchieste televisive e dei reportages seriosi” (G. Buttafava). Film duro di programmatico nichilismo, indusse l'ex ministro Giovanni Gioia, che si riconobbe in un personaggio, a sporgere querela, perdendola. Tremende scene d'azione, a partire dalla strage iniziale in una saletta porno. Insolito anche per gli accenni ai voti di scambio e alla collusione tra mafia e apparati di governo.
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opo una rapina a Milano, Abel Davos, condannato in contumacia, rientra clandestinamente in Francia con la famiglia. Perde la moglie e a Parigi i vecchi amici l'abbandonano, tranne uno, Stark. Ma la polizia lo bracca finché, dopo altri delitti, è catturato, condannato e giustiziato. Da un romanzo (1958) di José Giovanni che collabora alla sceneggiatura con il regista, il 1° vero film di Sautet sa conciliare nervosamente la tensione dell'azione con l'approfondimento psicologico. Ventura e Belmondo per la prima volta in coppia.
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Il Libanese ha un sogno: conquistare Roma. Per realizzare quest'impresa senza precedenti mette su una banda spietata ed organizzata.
Le vicende della banda e dell'alternarsi dei suoi capi (il Libanese, il Freddo, il Dandi) si sviluppano nell'arco di venticinque anni, intrecciandosi in modo indissolubile con la storia oscura dell'Italia delle stragi, del terrorismo e della strategia della tensione prima, dei ruggenti anni '80 e di Mani Pulite poi. Per tutto questo tempo, il commissario Scialoia dà la caccia alla banda, cercando contemporaneamente di conquistare il cuore di Patrizia, la donna del Dandi.
Tratto dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo il film di Michele Placido si rivela come la sua opera più compiuta e più complessa sul piano stilistico. Il regista/attore è riuscito a realizzare una fusione agile (e non fa pesare le due ore e mezza di proiezione) tra il suo cinema di impegno civile, il livello della ricostruzione anche cronachistica e (cosa che sembrava ardua considerato l'esito in particolare del suo ultimo film) il versante letterario. Narrazione pura, storia patria e caratteri ben delineati ma mai stereotipi danno luogo a un film "all'americana" nel senso non deteriore del termine. Questi piccoli delinquenti feroci che sono riusciti a terrorizzare Roma per anni finendo poi invischiati in trame più grandi di loro vengono seguiti con finezza psicologica e con grande attenzione anche sul piano lessicale. Sono 'veri', in qualche momento possiamo anche quasi 'capire' il perché del loro agire ma Placido non li 'giustifica' mai. In questo aiutato da un gruppo di protagonisti tutti assolutamente adatti alla parte assegnata. Con, in più, una dark lady interpretata da Anna Mouglalis vero perno dei rapporti tra il mondo dei 'buoni' (Scialoia) e quello di coloro che buoni non saranno mai perché costantemente spinti da quello che il loro socio mafioso definisce un 'sentimento nobile': la vendetta.
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Giorgio è un terrorista di sinistra condannato all'ergastolo e rifugiato in un avamposto guerrigliero nel Centro America. Nel 1989, col crollo del muro di Berlino e successive smobilitazioni, Giorgio decide di rientrare in Italia ma soltanto per tornare ad essere un uomo normale. Consegnatosi alla polizia italiana, come da copione e su suggerimento del vice questore della Digos, Anedda, l'ex-terrorista "canta", rivelando i tanti nomi dei suoi vecchi compagni. Scontata una pena minima in carcere, il Codice Penale prevede cinque anni di buona condotta per ottenere la riabilitazione e Giorgio la vuole ad ogni costo e con ogni mezzo. La strada verso la reintegrazione sociale abbatterà vite colpevoli e innocenti. Giorgio non ripara, non risarcisce, non si pone interrogativi morali e i suoi delitti restano senza castigo.
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Nei bassifondi di Tokyo nasce un'amicizia tra un giovane capomafia malato di tbc e un medico alcolizzato che cerca di salvarlo. Giudicato dai critici giapponesi il miglior film del 1948, Kurosawa traccia – a partire dall'immondo acquitrino dove s'affaccia la “clinica” del medico umanista e ubriacone – un memorabile ritratto del disordine postbellico attraverso un rapporto di amore-odio tra due falliti. Angosciante, stridente, implacabile, eppure soffuso di una luce di speranza e di riscatto. Sostenuto da 2 interpreti eccezionali: Shimura e l'esordiente Mifune, che saranno negli anni '50 e '60 i suoi interpreti favoriti. “È il 1° film totalmente libero da impedimenti esterni che abbia diretto” (A. Kurosawa).
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Lemmy Caution ha una missione da compiere ad Alphaville, città del futuro di un'altra galassia, dove tutto è diretto da Alpha 60, computer che ha messo al bando i sentimenti. Rivisitazione ironica di 2 generi popolari (spionaggio e fantascienza) in un cocktail gradevole. Ma Godard ne fa una ricerca sugli elementi di base del cinema: la luce e il suono. Alphaville è Parigi, capitale del dolore.
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La Francia torna a sfornare film di grande qualità. Premiato dal pubblico al recente "Noir in Festival" di Courmayeur, 36-Quai des orvefres, presenta assieme per la prima volta, tre nomi notissimi del cinema d'oltralpe: Depardieù, Auteil e Dussolier, invischiati in una sordida storia di tradimenti e vendette all'ombra della centrale di polizia con sede nella via da cui il film prende il suo titolo.
I primi trenta minuti del film presentano le migliori sequenze "poliziottesche" degli ultimi vent'anni : dure, violente, ricche di suspance, pathos, originali nella forma e perfette nella realizzazione pratica ed interpretate alla grande non solo dai due giganti Auteil e Depardieu, che peraltro possono dare libero sfogo alla loro bravura durante il resto della pellicola, ma anche e sopratutto da un cast di seconde linee, assolutamente strepitoso.
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1929, in una città americana dell'Est: un potente e corrotto pezzo da 90 si scontra, a causa di una donna, con il suo amico e consigliere, mentre è in corso una lotta acerrima con un boss della malavita italoamericana. Film violento ma raffreddato, con risvolti di grottesco umorismo, dove l'intreccio tra politica, affari e criminalità organizzata è un dato di fatto quasi scontato, organico e non patologico. Non c'è un solo personaggio positivo, e ciascuno ha il suo lato debole. Il crocevia di Miller nel titolo rimanda al bosco che è il luogo della messa a morte, ma anche al fascino tortuoso di una messa in scena dove tutto – dalla fotografia di Barry Sonnenfeld, futuro regista, alle musiche irlandesi di Carter Burwell – concorre a un esito di alta coerenza stilistica. Se non il migliore, è il più armonioso e compatto dei fratelli Joel e Ethan Coen. Apparizione di Sam Raimi – abbattuto a colpi di mitra – e comparsa non accreditata – una segretaria – di Frances McDormand, futuro Oscar per Fargo.
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Chiamato nella Vienna del 1946, devastata dalla guerra e divisa in quattro zone di occupazione, dall'amico Harry Lime, lo scrittore americano di western Holly Martins (J. Cotten) assiste ai funerali di Harry, ma le testimonianze sulla sua morte, investito da un camion, sono dubbie: c'erano tre uomini, non due, ad assistere all'incidente. Chi era il terzo uomo? Lo stesso Lime (O. Welles) che è vivo, infatti, e ricercato per contrabbando di penicillina adulterata. Lo scopre Martins che entra in contatto con Anna (A. Valli), amante di Lime, espatriata clandestinamente dalla Cecoslovacchia. Sarà Martins a ucciderlo dopo un inseguimento nelle fogne della città. Scritto da Graham Greene che dalla sceneggiatura trasse un romanzo (1950), è uno di quei film – ormai un classico del cinema britannico – che nascono da uno straordinario concorso di circostanze: un bel copione, un regista quarantenne nella sua stagione di grazia, una tela di fondo – Vienna – di grande suggestione grazie al bianconero di taglio espressionistico di Robert Krasker, il romantico commento musicale su cetra di Anton Karas, interpreti funzionali, un perfetto ingranaggio d'azione in cui la tecnica del giallo si coniuga con una sottile indagine psicologica. E Welles: c'è un salto di qualità tra la breve parte che riguarda Harry Lime e il resto. Non sembra dubbio che abbia dato più di un suggerimento a C. Reed; è certo che collaborò ai dialoghi. Sua è la celebre battuta sull'Italia del Rinascimento e la Svizzera. Per molti anni Lime divenne un sinonimo di Welles che portò il personaggio in una serie radiofonica di 39 puntate: Le avventure di Harry Lime. Palma d'oro a Cannes e Oscar per Krasker. Esiste anche in versione colorizzata. Ridistribuito nel 2000 in edizione originale con sottotitoli italiani.
Il mistero del falco streaming
Sam Spade, investigatore privato, è alle prese con avventurieri in acerrima lotta per il possesso di una statuetta d'oro puro che raffigura un falcone. L'oggetto passa di mano in mano ma l'oro è falso. Archetipo del cinema nero made in USA, tratto da un romanzo (1930) di Dashiell Hammett, è la splendida opera prima di J. Huston. Più che un classico è una leggenda. Attori di classe, ironia, suspense, ritmo infallibile. Già portato sullo schermo nel 1931 con la regia di Roy Del Ruth e nel 1936 con quella di William Dieterle in film dimenticati. Ebbe 3 nomine ai premi Oscar (film, Huston come sceneggiatore, S. Greenstreet). Esiste in versione colorizzata.